- Idee
- 21/04/2021
- Daniele Catozzella
INTRO: Il commento generale n. 25 alla Convenzione dei diritti per l’Infanzia e l’Adolescenza dell’ONU, esprime i diritti in rete di bambini e ragazzi e rappresenta un’importante conquista. Scopriamo di cosa si tratta.
Siamo in tanti, spesso, a condividere le parole dell’inventore di internet Tim Berners Lee che nel 2018 raccontava tutta la sua delusione per quello che internet è diventato.
Per cambiare la rete, però, servono innanzitutto strumenti istituzionali.
Tutti conosciamo la Convenzione sui diritti per l’Infanzia e l’Adolescenza che, ad oggi, è il documento internazionale più ratificato della storia con le sue 196 firme, in pratica tutto il pianeta.
Una convenzione firmata, però, nel 1989 quando i tanti diritti espressi per i più giovani non contemplavano, ovviamente, la rete e le tante esperienze che bambini e ragazzi vivono al suo interno.
Per questo il Commento Generale n. 25, approvato da poche settimane dall’Onu, è un documento fondamentale che estende il valore della Convenzione sui diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza al mondo della rete.
Anche se spesso questi documenti istituzionali ci sembrano molto lontani dalla realtà di ciascuno di noi, non dobbiamo dimenticare l’importanza che rivestono nell’impegnare gli Stati ad adoperarsi per cambiare, aggiornare o rimuovere gli ostacoli in rete per i più piccoli.
Ed allora, come promesso nella puntata podcast n. 15, proviamo a comprendere meglio questo nuovo documento.
Un documento per i diritti dei bambini e dei ragazzi in rete
Il Commento Generale n. 25 è un documento che integra la Convenzione sui diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza stabilendo in modo chiaro una serie di interpretazioni attuative della Convenzione con particolare riferimento a ciò che gli Stati devono fare per la difesa e la promozione dei diritti di bambini e ragazzi anche nella rete.
Ad oggi sono dieci i commenti generali che negli anni hanno aggiornato ed esteso l’originale Convenzione su tanti punti controversi di cui qui trovate un elenco.
I commenti generali rappresentano degli importanti strumenti nell’area del diritto internazionale e spesso diventano l’elemento di unione tra le diverse normative degli Stati.
Nella pratica, come ho spiegato nell’articolo – NO, non è tutta colpa dei genitori! – questo documento riporta gli Stati alle loro responsabilità.
Responsabilità che devono essere assunte dagli Stati se vogliamo realmente cambiare il modo di funzionare delle grandi piattaforme private e permettere la nascita di nuove piattaforme più sostenibili.
Se ci pensiamo, chi è riuscito ad imporre di recente un controllo sull’età di Tik Tok o delle importanti modifiche sull’uso delle loot box nei giochi online?
Il processo di definizione dei diritti in rete di bambini e ragazzi
Ciò che rende questo documento da poco approvato così importante è anche il processo con il quale si è arrivati alla sua definizione:
Una serie di workshop che hanno coinvolto 709 bambini e ragazzi di 29 Paesi cui è stato chiesto di spiegare il loro punto di vista sulla rete dato dalle loro esperienze
Potete trovare una bella sintesi del percorso, in inglese, sul sito della 5rightsFoundation che lo ha guidato e gestito ed anche una versione per bambini del commento generale.
Un lavoro che ha raccolto esperienze, proposte e preoccupazioni di bambini e ragazzi da ogni continente.
Un processo di partecipazione che può rappresentare una tipologia di percorso da proporre, ad esempio, nelle classi per discutere della rete e dei diritti dei cittadini digitali in crescita.
Di questo lavoro ho trovato interessante la riflessione di una ragazza brasiliana che, nel corso dei workshop, sul tema così discusso del gioco online preferito dai ragazzi al gioco all’aria aperta dai ragazzi, ha detto:
“Penso che la gente abbia smesso di giocare per strada non solo perché è nato Internet, ma perché anche il Paese e le città sono diventate più violente. Potrebbe essere interessante valutare non solo Internet, ma l’ambiente in cui si trovano le persone che utilizzano Internet più spesso. Certamente, nelle campagne, che sono più sicure, adolescenti e bambini usano Internet meno di noi nella capitale“
I 4 principi fondamentali dei diritti di bambini e ragazzi
Sono 4 i principi generali della Convenzione che costituiscono il punto di partenza per la definizione dei diritti in rete e ne forniscono un aggiornamento nel Commento Generale.
1. Il diritto a non essere discriminati alla/nella rete
Non essere discriminati in rete ha due significati, uno conseguente all’altro.
Il primo è il diritto di ciascun bambino e ragazzo di poter accedere in rete in modo eguale e qui penso che, la pandemia, ci abbia mostrato quanto lavoro c’è ancora da fare.
Inoltre questo principio richiama anche l’importanza dell’attenzione dei governi per evitare che i sistemi di profilazione automatica basata sugli algoritmi in rete non precluda, per pregiudizi, l’accesso alle informazioni della rete eguale per ogni ragazzo.
2. Il principio del maggior interesse di bambini e ragazzi
Questo principio richiama l’impegno degli Stati, nelle fasi di programmazione, progettazione e attivazione di servizi in rete, a considerare in via prioritaria le necessità di bambini e ragazzi.
La didattica a distanza nel periodo pandemico è un esempio di come l’interesse primario di bambini e ragazzi, oggettivamente, non sia stato considerato.
Il commento generale riporta:
“…nel considerare il maggior interesse di bambini e ragazzi, gli Stati dovrebbero considerare di includere i loro diritti alle ricerca, a ricevere informazioni imparziali, ad essere protetti da contenuti inappropriati…”
3. Il diritto alla vita, alla crescita e alla libertà delle proprie scelte
Questo diritto diventa anche nella rete essenziale se pensiamo a quanto ogni giorno la rete è parte della vita di bambini e ragazzi e come ogni esperienza influenzi il loro percorso di crescita.
In questo diritto trova espressione l’attenzione degli Stati sui rischi legati a:
“…contenuti, contatti, contratti (delle piattaforme), contenuti violenti o sessuali, cyber bullismo e molestie, gioco d’azzardo, esposizione e abuso inclusi quelli a sfondo sessuale e promozione dell’incitamento al suicidio o ad attività inappropriate comprese quelle criminali, terroristiche o di violenza…”
In questo diritto troviamo quindi tutti i rischi connessi alla rete ma penso sia opportuno sottolineare che:
questi rischi sono solo una parte dei diritti di bambini e ragazzi e non possono essere, come spesso accade, confusi come le uniche sfide che abbiamo da affrontare quando parliamo di crescere cittadini digitali!
In questo diritto è inoltre compresa una responsabilità che oggi in Italia trovo del tutto disattesa ovvero:
“…formazione e avvisi per un uso appropriato del digitale dovrebbero essere forniti ai genitori ai caregivers, agli educatori e a tutti gli altri attori rilevanti sviluppando ricerche sugli effetti delle tecnologie digitali sullo sviluppo dei bambini e dei ragazzi specialmente durante lo sviluppo neurologico, con le sue fasi, nella prima infanzia e nell’adolescenza…”
4. Il rispetto del punto di vista di bambini e ragazzi
Il percorso che ha portato alla definizione dei diritti in rete è stato, come abbiamo visto, partecipato includendo bambini e ragazzi e partendo dal loro punto di vista.
Come sarebbe oggi fare una reale analisi con i ragazzi delle loro esperienze in Dad per comprendere se e come può diventare una delle parti integranti della didattica?
È un loro diritto essere ascoltati ed è un nostro dovere educarli a saper esprimere le loro esperienze solo dopo che siamo riusciti a far loro vivere la rete con consapevolezza.
Conclusioni
I diritti in rete sono per la gran parte ancora un’utopia.
Questa è la mia personale impressione ad oggi. Voi cosa ne pensate?
Al tempo stesso, però, i diritti in rete proposti in questo Commento Generale alla Convenzione dei diritti per l’Infanzia e l’Adolescenza sono un passaggio, come ho detto, essenziale.
In particolar modo per i governi, gli operatori del mondo socio-educativo e i docenti che possono oggi fare riferimento ad un inquadramento che supera i singoli Stati e disegna obiettivi globali.
Ho scritto questo approfondimento perché penso sia importante parlarne tra noi e con i ragazzi: voi cosa ne pensate?
Raccontatelo nei commenti o sulla pagina Facebook del blog e non dimenticate di iscrivervi alla newsletter.
A presto!
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TIZIANA DE BORTOLI
Sto esplorando questo sito che mi sembra molto interessante e ricco di stimoli adatti ai bambini.
In una classe prima di scuola primaria scopro che un bambino ha visto al cinema il film Squid Game, il tutto nasce dalle segnalazioni di alcuni genitori i cui figli lamentavano giochi durante la ricreazione un po’ violenti. Abbiamo affrontato la questione in classe lasciando la parola a tutti e cercando soluzioni insieme. Ciò che mi ha sconvolto è scoprire come diversi bambini conoscessero i giochi del film, così mi dicono che esiste la versione giochi tipo cartone animato e sono per bambini.
In effetti verifico che tutto ciò esiste e ed facilmente accessibile a tutti.
Com’è possibile che i bambini abbiano libro accesso a questi giochi? Perchè nessuno interviene?
Daniele Catozzella
Buongiorno Tiziana e grazie per aver condiviso un’esperienza che nei mesi scorsi è stata al centro dei racconti di molti docenti della scuola primaria. Preferisco essere diretto: ho visto Squid Game e non lo trovo adatto ai più piccoli. Negli ultimi articoli ho approfondito molto le responsabilità delle istituzioni verso i più piccoli e le loro esperienze in rete ma, in questo caso, resto convinto che si tratti di una responsabilità precisa di noi genitori. Non serve a mio parere girarci intorno e richiamare le responsabilità delle piattaforme se come genitori non sentiamo la necessità di accompagnare i più piccoli nelle loro esperienze online come i giochi che purtroppo esistono e che richiamano la serie tv. Grazie per i tuoi complimenti sul blog e a presto!