• Idee
  • 19/04/2020
  • Daniele Catozzella

Videogiochi terapia o dipendenza

INTRO: La quarantena ha aumentato il tempo con i videogiochi dei nostri figli e la campagna Play Apart Together dell’OMS ne promuove il valore per il distanziamento sociale. Ecco qualche suggerimento per noi genitori.

Ben prima dell’inizio di questa emergenza i videogiochi erano l’attività più ingestibile e, spesso, incomprensibile per molti genitori.

Con i diversi articoli sui giochi online ho provato ad approfondire i rischi legati mondo videoludico ma anche i pregiudizi che spesso noi genitori abbiamo sui videogiochi.

la quarantena ha aumentato l’utilizzo dei videogiochi rendendo ancor più difficile, per noi genitori, trovare proposte alternative visto che è vietato uscire.

In tutto questo, l’iniziativa Play Apart Togheter lanciata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità è stata interpretata come un invito terapeutico, attraverso l’utilizzo dei videogiochi, per la quarantena dei più giovani.

È davvero così?

Play Apart Togheter: videogiochi per tutti?

Pochi giorni fa l’Organizzazione Mondiale della Sanità per bocca di un suo alto rappresentante, Ray Chambers, ha lanciato una compagna: Play Apart Togheter, giochiamo insieme distanti.

La campagna lanciata insieme alle più importanti case produttrici di videogiochi ha l’obiettivo di:

rilanciare l’importanza delle linee guida in termini di distanza sociale attraverso l’utilizzo delle comunità virtuali alle quali i videogiochi permettono di accedere per divertirsi insieme in sicurezza.

Questa iniziativa, che prevede l’offerta di contenuti gratuiti, ha lasciato perplessi diversi commentatori che hanno parlato di una doppia morale dell’OMS nei confronti del mondo videoludico.

OMS e videogiochi: dipendenza o terapia?

Nel maggio 2019, nel corso dell’Assemblea Generale, è stato per la prima volta introdotto il gaming disorder, disturbo da videogiochi definito come:

una serie di comportamenti persistenti o ricorrenti legati al gioco, sia online che offline, manifestati da: un mancato controllo sul gioco; una sempre maggiore priorità data al gioco, al punto che questo diventa più importante delle attività quotidiane e sugli interessi della vita; una continua escalation del gaming nonostante conseguenze negative personali, familiari, sociali, educative, occupazionali o in altre aree importanti.

Oggi l’OMS sembra riconoscere un utilizzo positivo dei videogiochi.

In realtà si parla di due aspetti differenti del videogiocare:

da un lato un serio problema di salute, mentale, dall’altro il videogioco come strumento che, se usato in modo consapevole, promuove la costruzione di relazioni sociali ed è sicuramente utile in questo momento di quarantena.

Ora, consideriamo un punto: oggi, molto spesso, tra noi genitori persiste l’idea che il videogioco sia, a priori, un’esperienza inutile o dannosa e soprattutto che nostro figlio ne sia assolutamente dipendente.

La dipendenza da videogiochi è un disturbo grave, invalidante ma anche non così diffuso, che allontana completamente chi ne è affetto dalla realtà di ogni giorno e lo rende non in grado di svolgere altre azioni nella sua giornata.

Fortunatamente, quando ne parlo con i genitori, si scopre che più che di una dipendenza il problema con nostro figlio è una mala gestione del suo tempo e delle sue modalità di gioco.

Videogiochi e quarantena: che fare?

Ho dedicato diversi articoli al mondo dei nuovi giochi online nella convinzione che noi genitori per primi abbiamo la necessità di comprendere gli aspetti che rendono, ad esempio Fortnite, così attrattivo.

Questo per superare alcuni:

pregiudizi radicati che spesso trasformano il videogioco in famiglia come un nemico da abbattere e la gestione del tempo trascorso da nostro nostro figlio a giocare, ancora più complessa.

Questi giorni di quarantena, seppur faticosi per noi genitori, possono essere utili per dedicarci a comprendere meglio come nostro figlio vive i videogiochi e perché no, come ho proposto nell’infografica, a giocarci insieme.

Ecco alcuni suggerimenti da poter utilizzare.

1. Conosci il tuo videogioco?

Facciamo una ricerca sulla pagina dedicata di Wikipedia con nostro figlio in rete:

molto spesso i nostri ragazzi ignorano che i loro affezionati videogiochi sono tratti dalla storia, dalla letteratura o dai miti.

Certo, questo non vale per Fortnite, ma potete trovare alcune informazioni dedicate negli articoli sul popolare videogioco e sulle sue diverse Stagioni.

Questo è anche il momento giusto per sentirci raccontare da nostro figlio le sue esperienze di gioco, come è costruito il suo personaggio o da chi è composta la sua squadra multiplayer.

2. Cosa conosce di te il videogioco?

Ho già parlato delle nuove strategie dei giochi online e dell’importanza, per genitori e figli, di esserne consapevoli.

Cosa conosce di te il videogioco significa chiedere come tu, giocatore, hai deciso di proteggerti nel gioco.

Leggiamo insieme la privacy policy del gioco con nostro figlio, come ho suggerito nell’articolo, e parliamo di dati personali!

3. Cosa conosco io del tuo videogioco?

È il momento di dare a nostro figlio giocatore il suo giusto momento di protagonismo:

perché di quel videogioco ne sa più lui quindi facciamoci raccontare: quanto dura una partita, chi vince, chi perde, chi è lo sfigato, come si diventa forti?

Facciamo domande, interessiamoci!

Ci sembra una perdita di tempo?

A mio parere no, perché molti dei ragazzi che ho incontrato nei miei laboratori cercano adulti che si interessino senza pregiudizi della loro vita digitale.

Conclusioni (in elaborazione)

Sono convinto che i videogiochi possano essere degli strumenti privilegiati in famiglia per educare al digitale e crescere bambini e ragazzi consapevoli ovvero liberi in rete.

Sono anche consapevole che per noi genitori i videogiochi rappresentano, probabilmente, la sfida educativa più complessa in famiglia.

Quali sono le vostre esperienze con i videogiochi in famiglia?

Scrivetemi le vostre esperienze anche sulla pagina Facebook e iscrivetevi alla newsletter per non perdere le anteprime del blog.

A presto!

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